Mediglia, 12 aprile 2022
Stanotte ho avuto un’epifania. No, non una
bella. Una più simile a quelle di cui doveva cadere preda Cassandra. Una di
quelle nelle quali tessere di un mosaico grande, enorme, sconfinato, esteso
come il mondo conosciuto, improvvisamente vanno al loro posto, realizzando una
nuova composizione che non è, si badi, l’unica possibile, ma certamente è una
di quelle realisticamente possibili.
Vedo un uomo, un uomo diventato molto potente.
Un asiatico che vive nel centro del continente. E’ diventato così potente da
non dover più spostarsi per incontrare gli altri. Sono gli altri che si spostano
per vedere lui, quando glielo concede. Egli non si sposta più nello spazio, ma
nemmeno nel tempo, in un certo senso. Affinché ciò potesse avvenire, infatti ha
fatto cambiare la Costituzione del suo paese: è cambiata lei purché non cambiasse
lui.
L’uomo ha un altrettanto potente vicino. Questi ha molte ragioni per spalleggiarlo e, da quando il dado è
tratto, queste ragioni non fanno altro che gonfiarsi, giorno dopo giorno,
sanzione dopo sanzione, come fossero una palla di neve che, rotolando, tende a
divenire una valanga che trascina tutto ciò che tocca con sé.
Ma torniamo al primo uomo, il più potente. Egli
è tanto potente che il suo potere non si può più misurare con il denaro, come
accade per gli altri. No, nel suo caso il denaro torna ad essere un mezzo e non
un fine, come ormai accade invece per gli inconsapevoli più. Nel suo caso il denaro,
tanto per cominciare, ha un altro colore: non è verde e nemmeno arcobaleno. No,
stavolta si cambia davvero: è di un colore che qui, in Occidente, molti non saprebbero
nemmeno dire. Anche questo dà la misura della novità e della genialità perversa
posseduta da egli nell’ordire e nell’agire. Dà un'idea della sua capacità di dissimulazione
e programmazione combinate.
La valuta di cui sto parlando è lo Yuan, l’uomo
al centro dell’Asia è Xi Jinping e il suo sodale, pronto a fare il lavoro più sporco
e duro, è Vladimir Putin.
Ecco che, collocate in questo mosaico globale,
alcune azioni del capo del Cremlino tornano a comporsi in un quadro di senso, se così si può definirlo. Ecco
perché non si ferma (e riesce a non doverlo fare) nemmeno davanti alle sanzioni
occidentali ed ecco perché il rublo non si deprezza. A sostenere la valuta
russa (e l’azione di Putin) c'è qualcos'altro, qualcosa di forte. Potrebbe trattarsi di un vero gigante valutario planetario che
sta pompando Yuan nel cuore del sistema finanziario del secondo gigante (militare)
non allineato alla globalizzazione occidentale: quello russo.
Se dal lato russo il vantaggio di tale alleanza è tanto
immediato quanto evidente, da quello cinese lo diviene riflettendo su ciò che questa
“operazione speciale” consente alla Cina di sperimentare. Infatti le consente di oliare, facendone pagare l'eventuale prezzo alla Russia, i meccanismi istituzionali
globali alternativi che da un decennio almeno sta tessendo. Nel farlo acquisisce, peraltro, nel suo areale d’influenza il più temibile nemico dei suoi principali rivali: gli Stati Uniti. Infatti la Russia, a causa delle sanzioni occidentali è costretta a ricorrere quasi interamente alle istituzioni
alternative che ha creato nel tempo, per internet, per i trasferimenti bancari, per lo scambio di valute, di bonifici, per le comunicazioni, per gli acquisti online e
per ogni altra cosa necessaria. Inoltre sarebbe paradossale continuare a investire
Yuan per finanziare il debito pubblico statunitense essendo il loro maggiore competitor.
Ironia della sorte come spesso accade, forse Galeotto
fu il Covid (del diavolo, speriamo che almeno questo non sia stato preordito
da Xi). Infatti il virus ha fornito l’occasione perfetta all’economia del gigante giallo
per fare prove di “sgancio” da quella occidentale, non sospette. E le prove sì, sono andate
bene. Tanto che la Cina ha cominciato a fare la voce più grossa sul piano
internazionale: è avvenuto a Hong Kong come a Taiwan, fino a giungere al
rifiuto di partecipare (ufficialmente a causa del Covid) agli ultimi summit internazionali
organizzati, si noti, all'interno delle cornici delle Istituzioni globali occidentali.
Lui non si sposta, sono gli altri leader che si
orientano a Oriente, verso di lui.
Facendo una carrellata della politica
internazionale cinese ci si rende conto che dacché è al potere Xi Jinping,
punta a questo ruolo di leadership mondiale. A partire dalla creazione di
rapporti con i paesi dell’Africa e del Sud America, attuata con la modalità del
land grabbing, per arrivare ai tentativi fatti in Europa con la nuova
via della seta. Attualmente il Gigante asiatico vanta rapporti economici
consolidati di primaria importanza, spesso più radicati di quelli degli stessi statunitensi,
con la stragrande maggioranza dei paesi non filooccidentali e non soltanto con
loro. Si tratta di importanti mercati di sbocco. Finora il principale mercato
di sbocco per i cinesi sono stati l’Europa e gli Stati Uniti, rispettivamente,
ma ora, anche sotto questo profilo, il terreno comincia ad essere pronto per altre colture.
Finanziariamente parlando gli Stati Uniti sono
stati il principale mercato di reinvestimento degli Yuan guadagnati dalla Cina
fabbrica del mondo negli ultimi decenni a causa dei loro deficit gemelli (Debito
Pubblico e Bilancia dei pagamenti in perenne preoccupante passivo), tanto da venire additati come ricattabili
dalla Cina in virtù di ciò. Ciononostante gli USA sono stati finora ben felici di
giovarsi degli investimenti cinesi. Nonostante così facendo abbiano covato il tesoro cinese determinandone un ulteriore incremento.
Chissà, forse si dicevano: “tanto non sono
militarmente pericolosi. Sono, anzi, piuttosto servili: sono sempre pronti a produrre per noi
qualsiasi cosa”. Ed è vero anche questo. Infatti producono di tutto. Ma mentre
lo fanno imparano a farlo e sempre meglio, mentre USA e UE disimparano e sempre
di più, regalando in cambio denaro e ringraziando.
Finché Putin e Xi si guardano e si scoprono
complementari: il temibile ex agente KGB trova un nuovo ingaggio all’altezza
delle sue potenzialità da Presidente. Un ingaggio che fornisce a lui (e alla
Russia) un possibile recupero del ruolo di leader mondiale. Un posizionamento sensato nel
mosaico di un nuovo possibile ordine mondiale alternativo a questo status quo
che offende lui e il suo Paese, da decenni ormai.
Si tratta di un ordine mondiale alternativo se
non auto profilantesi, almeno profilabile. Basta avere vision, creatività
strategica e caparbietà nella voglia di affermazione. Tre caratteristiche che
non mancano certo né a Putin, né a Xi Jinping.
Così, è verosimile che ci siano stati dei
contatti fra i due? Non si sa. Probabilmente si è trattato e si tratta più di un constatare le mosse indipendenti reciproche
sul campo e uno schierarsi di conseguenza, di volta in volta, riscoprendosi
sempre un po’ più complementari, piuttosto che un preaccordarsi a tavolino, abitudine
più della vecchia Europa democratica. Si tratta più di mostrare con il susseguirsi
di successivi atti indipendenti ma componibili come tessere di un unico
mosaico che di un darsi appuntamenti, di nuovo, nello spazio e nel tempo. Infatti
le azioni dell’uno s’incastrano, quasi naturalmente, con le esigenze dell’altro
e viceversa. E no, non è un caso. Si tratta di esigenze, a loro volta esito
degli angusti spazi di manovra lasciati storicamente a disposizione delle due potenze
da parte del cosiddetto Occidente.
In questo quadro, le sanzioni e la disapprovazione
occidentale contingenti, sempre che i conti siano stati fatti bene rendendole efficaci
davvero, non faranno che esacerbare questo processo di sfilamento dalla globalizzazione
occidentale per conferire sempre una maggiore alterità reale a quella che definirò
orientale.
Se invece i conti non fossero stati fatti bene, il rischio diventerebbe ancora peggiore. Infatti in questo nuovo scacchiere profilantesi, molto più vasto,
sia nel tempo che nello spazio, non riducibile alla contesa russo-ucraina, né a
quella russo-occidentale, loro possono dire che “le battaglie non si perdono, si vincono sempre”,
come scriveva il Che. L’orribile spallata che oggi causa morte e orrore, condotta con abiezione
nella vicina e piccola Ucraina, giungerà al suo scopo, sancendo l’affermarsi di
questo nuovo assetto globale: la globalizzazione binaria. Mentre, in
itinere, i vecchi Stati nazionali si scoprono a guardarsi l’un l’altro per cercare
d’indovinare, persino all’interno del territorio europeo, chi sceglierà di
strizzare l’occhio a chi e intanto la Cina consegna personalmente una fornitura di missili alla
Serbia.
Comunque, dicevo, se i conti fossero stati
fatti male i russi non solo acquisirebbero uno sbocco diretto sul mar Nero e l’enorme
cambiamento votato a questo doppio standard globale alternativo prenderebbe
l’avvio con decisione, ma lo farebbe sancendo anche un modus operandi: quello
della violenza.
Resta sullo sfondo, a prescindere dall’esito di questa battaglia, il fatto che ormai, a livello di competzione globale, si tratta di oliare i meccanismi economici, finanziari e istituzionali di
questa globalizzazione orientale rendendola effettivamente alternativa. La partita sta qui.
Nel mentre l’Occidente cosa può fare rispetto
a questa nuova sfida di macro variazione globale? Difficile dirlo, ma prendere coscienza lucida di
questo processo in essere, costituisce senz'altro il primo passo di qualsiasi
cammino si sceglierà d’intraprendere.
Ora proverò a rispegnere la luce e a tornare a
dormire ma si sa: “Il sonno della ragione genera mostri”, mentre quello
del comfort genera miopi impegnati ad accapigliarsi sulle proprie
ristrette e paranoiche visioni.