Io (#Berlusconi) lo tengo presente così…

                                                                                                                   Mediglia, 18 giugno 2023 




Il berlusconismo, esattamente come il fascismo, non è la più grande catastrofe culturale del nostro tempo. Ma, sempre come il fascismo è stato rispetto ai totalitarismi, ne è una declinazione.

Berlusconi fu la “miglior” incarnazione italiana di un fenomeno storico sociale, tutt’ora in atto, che rappresenta forse la peggior crisi delle democrazie contemporanee.

Ma egli fu in buona compagnia. Il fenomeno, al contrario dell’interprete italiano, gode di ottima salute. Nelle varie democrazie contemporanee, altri come lui, forse meno iconici, con tratti simili, anche se non identici, sono venuti alla ribalta; e anche rispetto a questo aspetto il paragone con il fascismo e i totalitarismi ben si attaglia alla fattispecie.

Penso a Jair Bolsonaro in Brasile, a Donald Trump in USA, a Boris Johnson in Gran Bretagna, per citare gli esponenti più in vista. Ma sono convinto che se si facesse un'indagine approfondita se ne potrebbe individuare uno per quasi ogni democrazia contemporanea.

Si tratta delle "migliori" incarnazioni di una congerie di disvalori che trasversalmente affliggono le democrazie contemporanee tutte.

I loro esponenti, in modo più o meno sovrapponibile, anche se con accenti differenti, propugnano la furbizia al posto del valore, il far poco per avere molto come stile e obiettivo di una vita piuttosto che il piacere della fatica che consente di realizzarsi (si badi bene che, nella realtà, queste persone nella loro vita privata sono estremamente operose, contrariamente a quanto questa filosofia di vita vorrebbe far credere), l'apparire piuttosto che l'essere, il coltivare il piacere edonistico fino a farlo assurgere a vizio piuttosto che la coltivazione della virtù come fondamentale fattore per la realizzazione di sé, la comodità stolida e inetta alla fatica che fa crescere, un’epidermica avversità per il rispetto delle regole sociali e per gran parte delle istituzioni democratiche, che dipingono come colpevoli di drenare parte delle loro intoccabili risorse e delle loro irriducibili e sacrosante libertà personali.

Libertà, le loro, che, in questa esegesi della Vita non dovrebbero venir mai, in alcun modo, scalfite, depotenziate, contenute. Nemmeno se il prezzo da pagare fosse la tutela di una minorenne, la tutela dello Stato attraverso una contribuzione alle imposte, che dovrebbe valere per tutti o per nessuno, il sottoporsi, come tutti, alla Legge, la tutela del polmone verde del mondo, l’appartenenza a un contesto di paesi membri fra loro aventi pari diritti, per citare esempi che riguardano i Nostri Quattro.

Essi, in accordo con l’ideale che propugnano e incarnano, s’identificano con esseri forti, più potenti e acclamati dei generici "altri". “Altri” che si guardano bene dall’identificare precisamente, individualmente. Si tratta sempre di categorie “altre”, per l’appunto, rispetto a coloro ai quali, di volta in volta si rivolgono. Grazie a questo gioco di prestigio l’elettorato attivo non si sente mai privato di alcunché. Al contrario sente che questi Eletti, se eletti, saranno (sarebbero) in grado di difenderli da quegli “altri” che li minacciano, in maniera più o meno fumosa rispetto a una presunta libertà di serie A, altrettanto fumosa, ma non ancora avveratasi, che gli Eletti (se eletti) potrebbero realizzare in terra. Un’età dell’Oro postmoderna, insomma.

È interessante notare che questa invocata libertà dovrebbe appartenere a tutti, e ciononostante dovrebbe magicamente non limitare quella di nessun altro. Una libertà in grado di moltiplicare i servizi pubblici riducendo le imposte e tasse, ad esempio. Una libertà che, per colpa di quegli “altri”, purtroppo viene al momento, fatalmente, negata. Questa struttura di rappresentazione del reale costituisce un ottimo convogliatore e capro espiatorio della rabbia sociale, questa sì presente fin d’ora e divisa, sempre a detta di questi esponenti, equanimemente.

Un altro aspetto interessante riguarda il fatto che questa pretesa “libertà” non è per tutti (o forse sì, dipende dal fatto che si sia o meno in campagna elettorale, durante questi periodi epifanici viene promessa erga omnes). Durante il resto della normale vita democratica questi emissari, si sentono divulgatori di un credo che dovrebbe consentire a loro e ai propri accoliti soltanto di  assurgere a un livello di umanità più umana, parafrasando Orwell.

Essi finiscono così per sentirsi gli esponenti di un’umanità bifronte: umana in via di principio, ma nei fatti insofferente a qualsiasi accorgimento democratico che intenda elevare, o almeno preservare l’equilibrio della società tutta e dei viventi in genere (umani, animali e vegetali, si veda la becera  e colpevole distruzione della foresta amazzonica), qualora pretendesse, in qualsiasi modo, di limitare la loro libertà che dovrebbe, sempre secondo il loro sentire, poter debordare costitutivamente, sorgivamente e platealmente sul resto del mondo, incontrastata.