INCUBI E VISIONI: L’EREDITA’ DI H.P. LOVECRAFT - breve filmato trasmesso sulla RAI


Finalmente il Solitario di Providence viene sdoganato anche in Italia su canali pubblici. Anche se a ora tarda e per soli 6 minuti. 


#StephenKing – Elevation

 




 
Autore: #StephenKing

Anno pubblicazione: 2019

Io narrante, punto di vista e persona: quasi esclusivamente scritto con il punto di vista del protagonista - terza persona.


Mediglia, 18 novembre 2020

La storia di un uomo che perde inspiegabilmente peso. E con esso acquisisce levità. Levità nei confronti dell’esistenza. Man mano che s’alleggerisce percepisce quanto il peso della materialità  opprima. King poi compie un altro piccolo miracolo ed eleva anche noi lettori. Infatti, ancora una volta, riesce ad alleggerire il peso delle pagine del suo scritto; talmente che quando cominci a sfogliarle, fatichi a smettere, sfilano lievi al tocco e all’occhio.

Nel suo “On writing” confessò di sbirciare la moglie Tabitha mentre legge le sue prime stesure, quando non se ne avvede, per scoprire in quali punti posi la bozza. Lo fa perché sostiene che quelli sono i punti in cui la tensione cala. Lì va ad incidere con le revisioni. Non posso che constatare che sia riuscito nel suo intento.

Questo romanzo breve o racconto lungo, data l’usuale mole delle opere di King, affronta alla maniera del Re il concetto del trapasso e del rito che comporta. Il tutto calato nell’esistenza di un americano medio, abitante di un paesino archetipico (talmente tipico da non esistere ed essere stato concepito dalla mente dell’autore e poi utilizzato svariate volte nei suoi romanzi: Castle Rock).

Anche questa volta, la forza del romanzo è “tutta” qui. King riesce a raccontare ancora l'America contemporanea, o meglio, gli Stati Uniti, come mi fecero notare amici Argentini una volta. Il paese autentico, fatto di persone. Ognuna con i suoi rapporti umani fatti di solidarietà e contrasti, di presenze e grandi assenze. Ci narra di cittadine dove possono nascere facilmente amicizie e altrettanto facilmente sgretolarsi. Luoghi che sono l’appendice di una società i cui abitanti sono abituati a concepirsi come disancorati da riferimenti, siano essi una casa, dei genitori, amici o luoghi. Persone che consapevoli di ciò, hanno avuto necessità di compensare e sviluppare la capacità di stringere con altrettanta facilità nouvi rapporti profondi.

Esistenze in movimento figlie di un modello dedito alla ricerca della fortuna materiale. King, così, mentre ci culla nel loro sogno, coglie l’occasione per descrivere le traiettorie di queste esistenze, che più o meno ricche materialmente, restano tutte proiettate in quest’afflato. Per scoprire che il Sogno resta tale, sia che venga coronato, sia che non ci si riesca, proprio perché puramente e solamente materiale, non vivo, consolatorio. Così King, mentre ci parla di storie di statunitensi ci racconta del Sogno americano; sempre dietro l’angolo, e alla portata di tutti in teoria, ma i biglietti vincenti sono pochi come nelle lotterie a premi.

Tutti possono partecipare, e per chi non viene estratto resta l’incubo americano, suo contraltare altrettanto alla portata di tutti, ma molto più frequentato. Che poi altro non è che il conto da pagare pro capite per mettere insieme il monte premi per i relativamente scarsi biglietti vincenti. Lo salderà la maggioranza, fatta di americani che erano, magari, anche sulla strada buona ma, hanno incespicato, perdendo colpi (o mostrando umanità) non riuscendo così ad imbroccare il proprio Sogno. Ecco che allora, dalle sue ceneri, prende forma qualche altra fantasia distorta, deviante, emersa da qualche anfratto dell’immaginario, antri dei quali il Re è il Re. Sogni cangianti, come le ultime copertine dei suoi libri che, a seconda del riflesso, restano tali o si trasformano in incubo.

Bravo Stephen, mi hai inchiodato ancora alla pagina! Letto in due sere cercando di centellinarlo come fosse un Cognac millesimato.