#Stoner – John Williams



Autore: John Williams

Anno pubblicazione: 2012

Io narrante, punto di vista e persona: quasi esclusivamente scritto con il punto di vista del protagonista - terza persona.

 

Riccione, 23 luglio 2020

Stoner si aggira durante la sua esistenza in un mondo borghese, quello della docenza universitaria americana.
 L'autore ci parla del protagonista dalla sua nascita fino alla sua morte, coinvolgendoci in tutti gli snodi esistenziali più significativi della sua parabola di vita.
Lungo la narrazione ci imbattiamo nella descrizione di un mondo borghese, del quale Stoner consuma i pasti, ma non gratuitamente.
Sì, perché Stoner nasce "poveraccio" e da questa condizione non si riuscirà mai, davvero, ad emancipare. 
Stoner ha una consapevolezza costitutiva e autorealizzante della non gratuità della sua condizione borghese. Egli può vivere da borghese. Lo può fare però, soltanto al prezzo di non alzare quasi mai la testa. 
Non nei confronti di una moglie che lo vessa, di un ambiente universitario che soffoca i sui sentimenti più genuini e le sue legittime aspirazioni di carriera. 
Stoner frequenterà per tutta la vita adulta un ambiente upper, ma non gli apparterrà mai, nonostante ci si sia votato per più di quarant'anni. 
Pochi romanzi sono riusciti a farmi simpatizzare così profondamente e silenziosamente con il protagonista, forse nessuno.
Stoner siamo noi. La bravura dell'autore sta proprio nel riuscire a schiodarci dal nostro essere lettori per immaginare per qualche frazione di secondo di sostituirci a lui. Lui è talmente inerte e stoico lungo il dipanarsi della sua parabola vitale, che però ha fortemente voluto, da obbligare il lettore ad osservarlo, pensando, a volte, che lui avrebbe fatto di più. Altre volte lasciandolo ammirato nel constatare la saggezza della passività resiliente di Stoner. 

Un romanzo che ricorre rarissimamente all'utilizzo del discorso diretto, ma che riesce a non farlo mancare.

Williams è stato molto abile. Perché ha utilizzato per farci conoscere la sua filosofia operativa di scrittore (come la definiva Jack London) un protagonista che la dimostra per assurdo.
Di qui il senso di irritazione che suscita in noi, ma al contempo la condivisione complessiva dell'opera (filosofia operativa di vita), che resta, beninteso, anche molto ben realizzata.

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