Sunday bloody Sunday

 

Milano, 29 settembre 2024

 


Non parlo e non scrivo volentieri di questo argomento perché ogni questione che riguarda, solletica, o tange gli ebrei risulta sempre pruriginosa per noi occidentali che, giustamente, a riguardo, ci sentiamo ancora colpevoli di misfatti mai del tutto emendabili.

 

Tuttavia, dopo questo secondo attacco su larga scala attuato da parte di Israele nei confronti di un altro paese e dei suoi civili, con sprezzo delle vite umane dei civili e di tutto quanto per esse è importante, non mi è più possibile non ragionar di loro, ma guarda(re) e passa(re).

 

A mio avviso occorre chiarirsi, io stesso sento il bisogno di sapere: appartengo a una società per cui è legittimo e accettabile (nella realtà dei fatti, intendo, e non nei Codici legali pieni di belle parole) attaccare un altro paese, o non lo è?

 

Se non lo è, Netanyahu va fermato. O quantomeno non va più foraggiato. Sta diventando insopportabile questo "laissez faire laissez passer" dei paesi occidentali a riguardo.

Se invece lo è, allora mettiamoci l'anima in pace e smettiamo di predicare principi etici presupposti erga omnes (ma soltanto presupposti come tali).

 

O l'etica prevale sugli affari o soccombe per sempre.

 

O una Legge vale per tutti (i paesi) oppure si trasforma in un sordido ulteriore privilegio di alcuni rivolto a danno di coloro i quali non possono permettersi di invocarlo.

 

 

Perché, non so a voi, ma a me, nell’ultimo anno,  pare sempre più di assistere a un gioco di specchi: da una parte dello scacchiere mondiale c’è un paese filoccidentale che è stato invaso da un esercito di un altro paese e lì si invoca la lesa integrità territoriale. Da un’altra parte dello scacchiere (dopo un attacco terroristico, certo, ma non in risposta a un’invasione ad opera di uno Stato) è accaduta esattamente la stessa cosa: uno Stato ha invaso con il suo esercito un altro paese, ma stavolta, l’attore è un paese filoccidentale. In questo caso prevale un tollerante "laissez faire laissez passer".

 

A mio parere occorre stabilire che invadere con armi un altro paese è un crimine o che non lo è. Altrimenti si palesa una terza via ermeneutica della realtà storica in cui viviamo: quella dell'appartenenza a una frazione. Per cui, banalmente, tutto ciò che porta vantaggio a quella fazione è bene (a prescindere) mentre ciò che le causa detrimento è male (a prescindere).

 

Non che non ci fossimo già accorti di appartenere a un certo pezzo di umanità ben preciso, avente le sue dotazioni materiali, i suoi interessi, valori, le regole sociali e di comportamento.

Tuttavia, l’apprendere questa realtà di fatto, coinvolge proprio queste dotazioni valoriali, legali, antropologiche, di rispetto dei valori umani, di cui ci siamo dotati e che fungono da  radici fondative delle Costituzioni dei paesi occidentali, e ne regolano il funzionamento (almeno interno) dei rapporti umani, sia all'interno dei singoli Stati che persino fra i paesi occidentali stessi e che, in genere, entro questi confini geografci, prevalgono sugli interessi di parte. 

Scoprire ai giorni nostri all'esterno del blocco dei paesi occidentali soccombono a logiche fazionare, fa riflettere sulla portata del Patto sociale occidentale. 

Aggiungo che sono consapevole che ogni sistema di diritto riposi sopra un atto originario che, in qualche maniera, è un sopruso. Infatti, scrivevo qualche settimana fa:

 

Milano, 29 agosto 2024

 

V'è un'ironia che riguarda tutti i sistemi di diritto: il fatto che si fondino, nessuno escluso, su un primigenio atto d'imperio, di forza, di imposizione iniziale fondante. Tale atto poi viene accettato o subìto, ma comunque avviene. A volte viene attuato da un singolo o da un manipolo con la violenza, altre da un intero popolo, in altre occasioni ancora viene concesso da un Re. Ma sempre di un’imposizione unilaterale iniziatica si tratta, di una dimostrazione di forza non supportata da leggi precedenti  comunemente accettate. È in forza di questo primo accadimento che s’insedia un sistema che viene definito, da lì in poi, di diritto. Nei paesi democratici assume la forma di una Costituzione. Tuttavia, anche nel caso delle democratiche Costituzioni, fatta eccezione per i Padri costituenti e per i loro più stretti accoliti, tutti gli altri cittadini (e i successori di tutti, compresi quelli degli stessi Padri costituenti, come già sottolineava Hobbes) vi si trovano legati aprioristicamente, divenendo e potendo divenire soltanto sue espressioni, esprimibili soltanto attraverso di essa.

 

Insomma, chi vince non fa "solo" la storia, forgia anche i dettami dei rapporti giusti e sbagliati cui al resto, i meno forti, finché restano tali, tocca assoggettarsi.

 

 

 

Tuttavia, dover constatare di trovarsi ancora nel bel mezzo di un periodo di caos precedente all'instaurazione di un nuovo paradigma giuridico sociale che (forse) sancirà i confini di nuovi rapporti regolati legalmente, un certo male me lo fa provare e mi getta in un certo sgomento.