Tramonto sull'oceano e altri racconti

Ciao a tutte e a tutti,

ho finalmente il piacere di annunciarvi l’uscita del mio libro di racconti.


Un bambino s’innamora dell’atto di leggere durante le mattinate estive trascorse sulle scalinate del giardino della casa di sua nonna. A Las Palmas de Gran Canaria un uomo si concede una cerveza indugiando con lo sguardo sull’oceano al termine dell’ennesima giornata di lavoro nella fabbrica di rum locale. Un giovane padre single in difficoltà economiche è disposto a qualsiasi cosa pur di non far patire sofferenze alla figlia. Uno studente in motocicletta s’aggira in cerca d’avventure per le colline dell’Umbria; troverà quel che cerca? Lo troverà dove lo cerca? Tre amici con la scusa di consegnare un inquietante vecchio armadio con specchiera presso un casone sul delta del Po’ partono per un weekend che immaginano a base di pesca e nebbia. Un oggetto ovoidale e traslucido solca il cielo rossastro di un pianeta apparentemente tanto lontano dal nostro quanto dai suoi valori fondanti. Un bambino scopre l’amore… anche una coppia di adolescenti. Una madre rimasta vedova cerca di gestire come meglio può un figlio “speciale” divenuto ormai adolescente. La domenica, in un bar di periferia di Milano, un gruppo di amici si ritrova a far discorsi su quel che è stato. Una giovane coppia scopre a proprie spese che si possono fare incontri davvero strani quando si sceglie di visitare i paesini del Portogallo on the road. Qualcosa sta crescendo sul fondo dell’oceano… e non è detto che sia una buona notizia per gli animali umani. Un docente neoassunto, incontra più di qualche difficoltà nel raggiungere la sede della scuola del paese presso cui ha preso servizio. Un uomo nel farsi fare un prelievo del sangue riflette sul valore sociale di quel luogo e di chi ci lavora.

 

Di seguito qualche riga tratta dall’introduzione:

[…] il mio tentativo, come narratore, […], è di confezionare un abito sartoriale alla realtà che le calzi talmente a pennello da far risaltare le sue forme, al punto da renderle più evidenti di quanto ci sia dato sperimentare frequentandola nella sua nudità quotidiana. Il mio scopo è renderla più riconoscibile e conoscibile rispetto a come di solito ci appare, sepolta fra le pieghe dei nostri impegni, dei nostri affanni, dei nostri pensieri e dei nostri stati d’animo, orpelli che mai, quando non  leggiamo, ci abbandonano davvero.”





Il libro è disponibile su Amazon, sia in formato cartaceo che kindle cliccando sul seguente link:

 

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In questa pagina, cliccando: “Leggi l’estratto” sotto la foto della copertina, è possibile leggere gratuitamente introduzione, indice e primi racconti.

 

Si narra che i racconti abbiano evidenti proprietà curative dell’umore e che stimolino a sognare...

Consigliato come regalo apotropaico 😉 (anche natalizio).

 

#narrativacontemporanea    #narrativa   #narrativaitaliana

BREVE STORIA DELLA FILOSOFIA Antica e Medioevale


 

Anche quest'anno è disponibile rinnovato il pratico ed esauriente manuale che riassume la storia della filosofia Antica e Medioevale da me realizzato attuando una sintesi fra i tomi di G. Reale e C. Sini.


Si tratta di una sintesi che si rivolge ad appassionati e a studenti (universitari e di liceo) interessati ad avere in un solo testo di 270 pagine circa una carrellata compatta, ma precisa ed esaustiva della storia della filosofia Antica e Medioevale.
Un excursus nel quale mi sono prefisso di comprendere tutti gli elementi imprescindibili della storia antica e medioevale del pensiero occidentale compresi alcuni i principali dati riguardanti la vita dei pensatori che l'hanno determinata.

Disponibile sia in formato cartaceo che kindle.

Ottimo come regalo apotropaico 😉 (anche natalizio).

Acquistabile con la carta Docente e ricevibile in una giornata con Amazon Prime.

Di seguito il link per leggere l'anteprima ed eventualmente acquistarne una copia cartacea o in formato ebook su Amazon.
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#filosofia, #filosofiaclassica

L’#OUTSIDER (saggio)

 Autore: Colin Wilson

Anno pubblicazione: 1956




Cosa accomuna Raskolnikov, Alëša Karamazov, Van Gogh, Nietzsche e Ramakrishna, solo per citarne alcuni? Essere outsider!

Ma cosa guida un outsider facendone un outsider? Cosa cerca egli? E cosa potrebbe guadagnare se riuscisse nel suo intento? Soprattutto, è ragionevole sperare che possa riuscirci?

Questi e altri interrogativi costituiscono la matrice dell’avvincente excursus che l’autore ha l’ambizione di indagare e di tentare di spiegare con questa sua opera giovanile.

L’opera, apparsa in Inghilterra nel 1956, fu scritta “in una sala di lettura del British Museum”  in un periodo in cui l’autore, non ancora venticinquenne, dormiva in un sacco a pelo in un parco di Londra.

L’autore pare che abbia avuto il privilegio di essere stato toccato da uno stato di grazia quando l’ha scritta. Infatti, dopo di essa non s’impose più all’attenzione del pubblico e della critica con tanta forza (chissà che forse, tenendo presenti alcuni esiti del saggio sugli outsider, ciò non sia stato il frutto di una scelta deliberata).

Volendo trovare un difetto a quest’opera, forse, si potrebbe tacciarla, nella sua analisi, di tendere a ridurre in modo un po’ troppo semplicistico e “normalizzante” l’“outsiderietà” tutta. Pretendendo di incanalarla forzosamente all’interno di certi binari sistematizzanti. Cionondimeno, l’analisi risulta complessivamente originale e convincente e, nel suo dipanarsi, riesce a cogliere autentiche “gocce di splendore”.

Il testo giustappone e paragona vita, opere, ricerche e pensiero di artisti, scrittori, poeti e filosofi che accolgono in sé, come nelle loro opere la cifra dell’outsider. Fra essi incontriamo Van Gogh, Wells, Dostoevskij, Hesse, Gurdjieff, Barbusse, Hemingway, Blake, Yeats, Nietzsche e Sartre, fra gli altri. Tutti accomunati da un file rouge, una tensione a seguire una certa ricerca di tipo esistenziale.

A chi consiglio la lettura questo saggio?

A tutti coloro che leggendo queste parole si sentano toccati nelle proprie corde più profonde, esistenziali, per l’appunto. A tutti coloro che si sentano chiamati in causa da questi argomenti; sia per simpatia esistenziale nei confronti di questi uomini o personaggi, sia riguardo all’aver sperimentato o allo sperimentare questa condizione di vita, quale che sia la realtà nella quale siano attualmente immersi.

Il motto Vivi nascosto di Seneca, secondo l’autore, per l’outsider sembra fare il paio con la vita civile “occidentale” e con i suoi “valori” fondanti. La necessità di vivere nascosti pare meno accentuata, invece, per l’outsider calato nell’antica civiltà orientale, come si vedrà. Ma torniamo alla prima domanda: l’outsider cosa cerca, ci chiedevamo?

Per molti di essi l’essere outsider, lungi dal costituire una debolezza, rappresenta più un eccesso di energia che, fluendo attraverso i loro corpi e le loro menti fisiche, finisce per consumare entrambi. Si tratta di umani rari, duri come i diamanti fra le pietre, ma altrettanto fragili. Fragili di una fragilità che conferisce loro al contempo una eccezionale capacità di provar piacere e dolore e che, pertanto, s’impone de facto nelle loro esistenze quale “imperativo categorico” e ricerca dello “Spirito Assoluto” per finalmente riuscire a sentire meglio, alle volte semplicemente meno. Elevazione che, secondo l’autore, può seguire almeno due vie: quella religiosa o quella aconfessionale che insegue la conoscenza dell’assoluto: il tentativo di cogliere, si potrebbe dire, a livello personale la progredente spirale hegeliana che tenta di abbracciare il tutto, avendo ben presente che la realtà è tutto ciò che non è de-finito in cristallizzate tesi e antitesi, ma soltanto stabilità della sintesi, in continuo mutare e perciò unica realtà sempre presente. Tutto ciò, in questi outsider, si traduce in visoni e opere del reale che finalmente appare loro  come un continuum di forme in inesausto cambiamento. Acquisizioni che, una volta guadagnate, conducono all’Illuminazione di Siddharta, in Oriente, alle spirali dei campi di girasoli ai cieli stellati colti dai dipinti di Van Gogh, all’epifanica disperazione di Alëša Karamazov che si getta a terra in un campo, descritta da Dostoevskij, e finanche alle lacrime commosse che improvvisamente solcano il volto di Nietzsche a Torino, in Occidente.

Ma non m’inoltro oltre, per non disvelare altro.

#MARCOVALDO (romanzo)

 

Autore: Italo Calvino

Anno pubblicazione: 1963

Io narrante, punto di vista e persona: terza persona.




Il mio primo incontro con “Marcovaldo” fu alle elementari: ho un ricordo della mia maestra intenta a leggercelo mentre dalle finestre con telaio in acciaio della nostra classe vedevamo, e sentivamo, scrosciare temporali primaverili.

Fin dall’impianto dell’opera è chiaro il valore che l’autore attribuisce alla natura. Infatti i racconti sono raggruppati secondo le stagioni e loro cicli. Nonostante il testo tratti dell’ancestrale rapporto esistente fra l’uomo, l’ambiente naturale e gli altri suoi abitanti, tematiche di per sé eterne, Calvino riesce a realizzare un affresco molto preciso dei luoghi e del tempo in cui sono ambientate le vicende del nostro eroe. Fra le sue pagine si respira l’aria che tirava nelle grandi città del nord Italia a cavallo fra gli alternativi ma ancora molto tradizionali anni ’60 e gli industriali e moderni anni ’70

I racconti che compongono il romanzo sono leggibili e godibili anche separatamente. In essi l’autore rende con rara delicatezza umana e naturalistica, quasi fiabesca, l’impatto socioambientale che cattivi comportamenti sociali e industriali, in via di progressiva e massiccia diffusione proprio in quegli anni, stavano determinavano e avrebbero determinato sul cittadino medio, sui suoi cari, e sulle loro possibilità di vivere vite umanamente e naturalmente sane.

Con il suo stile divertente, leggero e iconico, l’autore ci  racconta dell’inquinamento pervasivo, dello strazio della natura a tutto tondo e del progressivo, ma inesorabile, incupimento sociale che essi determinano fra i membri di una società sempre più ricca materialmente e sempre più povera in termini naturali. Lo fa attraverso l’operaio e capofamiglia Marcovaldo: entusiasta malinconico, nostalgico della natura, che non accetta di vedersi esiliato da lei né di vederla esiliata e che, pertanto, non perde occasione per stringersi ad essa, quand'anche ciò si rivelasse un abbraccio mefitico. L’inesauribile, ingenua e saggia, al contempo, tensione che anima Marcovaldo e la sua famiglia non si arrende e non rinuncia al tentativo di perseguire la sua frequentazione quotidiana con la natura. Tutte le occasioni di vivere la natura che le si presentano sono buone. Calvino dipinge un affresco leggero, ma mai superficiale, anzi, profondo come solo sanno esserlo le storie semplici. Lambisce tematiche pervasive riuscendo a cingerle con una soffusa aurea favolistica, spolverata d’ingenuità, con riflessi a volte comici, altre drammatici, ma mai assolutoria nei confronti di quei comportamenti umani che stanno, atto dopo atto, distruggendo questo sacro fragile equilibrio cui tutti noi dobbiamo la vita.

 

 

 

“L’amore per la natura di Marcovaldo è quello che può nascere solo in un uomo di città [] questo estraneo alla città è il cittadino per eccellenza”

(Dalla presentazione di Calvino all’edizione del 1966)

#LOLITA (romanzo)

 Autore: Vladimir Vladimirovič Nabokov

Anno pubblicazione: 1955

Io narrante, punto di vista e persona: prima persona, punto di vista del protagonista maschile.

Numero indicativo pagine: 360




Lolita rappresenta il Cuore di Tenebra di un maschio “incivilito”. Diagnosi e prognosi di una traiettoria esistenziale. Quella di un uomo inserito in una società ancora pervasa da una certa morale pur professandosene libera. Morale che egli, proditoriamente, decide di refutare, per restare fedele soltanto alle sue pulsioni.

 

 

Il prof. Humbert Humbert, inserito nell’America statunitense del secolo scorso, paese dalle vedute e dalle possibilità apparentemente sconfinate, sceglie di riconoscere e rispettare soltanto i suoi desideri. In particolare quelli legati alla sfera della libido sessuale. Quest’angolo del suo essere assurge a maître a penser della sua esistenza conducendolo fino ad ammalarsi e a dover essere ricoverato. Questa postura esistenziale non tarderà a porlo ben al di fuori della morale del paese che lo ospita.

Nonostante nel caso in specie sia evidente dove risieda la nevrosi, ad una lettura attenta non può non sfuggire che l’impostazione morale puritana americana, o meglio statunitense, come non mancano mai di sottolineare, e a ragione veduta, gli altri americani non statunitensi, ha una forte connotazione giusnaturalista che più che liberale risulta impegnata a propugnare un modo di vivere “più giusto degli altri”. Chissà che l’autore, di origini russe, abbia voluto anche denunciare questo… Certamente il romanzo offre il destro per una riflessione. Argomento più che mai attuale per tutte le democrazie contemporanee.

Tornando all’opera, il prof. Humbert Humbert sposa a tal punto la sua causa da giungere a calpestare non soltanto le convenzioni dell’apparentemente più liberale società di quel tempo, ma persino a forzare la propria natura umana e biologica che, nel suo naturale invecchiare, gli chiederebbe venia rispetto a quel suo appetito insaziabile. Tuttavia egli, sordo in primo luogo verso i suoi bisogni autentici non glielo concede ed eleva tale scelta a direzione e insieme limite della sua parabola esistenziale. Finisce così per trasformare la sua esistenza (e quella di Lolita) in un solitario avamposto, teso alla disperata difesa di quell’arbitrio (libero?) che non cede a nulla. Giunge persino a immaginarsi il “piacere” che avrebbe potuto ricavar dal compiere gesti che, se attuati, risulterebbero persino doppiamente incestuosi, se così si può dire: s’immagina anziano sedurre la figlia che potrebbe avere, un domani, dalla sua stessa figliastra.

La scelta di assurgere a unica musa della propria esistenza la propria libido, lo isolerà sempre più. Ciononostante egli, simile a un moderno Icaro, procederà.  Il professor Humbert Humbert sogna e vive il suo sogno che trascolora in un incubo conducendo con sé per mano la piccola Lolita, ormai non più tanto innocente, e con loro te, caro lettore. Lo fa viaggiando in auto per Motel e Hotel disseminati per le solitarie e sterminate strade degli USA, stavolta sì, in un delirio di libertà contagiante.

L’obiettivo anticonformista di Nabokov è stilisticamente centrato grazie all’adozione del punto di vista tutto interno al protagonista maschile che, per qualcuno toccato da eccesso d’immedesimazione, diventa quasi condivisibile.

Io (#Berlusconi) lo tengo presente così…

                                                                                                                   Mediglia, 18 giugno 2023 




Il berlusconismo, esattamente come il fascismo, non è la più grande catastrofe culturale del nostro tempo. Ma, sempre come il fascismo è stato rispetto ai totalitarismi, ne è una declinazione.

Berlusconi fu la “miglior” incarnazione italiana di un fenomeno storico sociale, tutt’ora in atto, che rappresenta forse la peggior crisi delle democrazie contemporanee.

Ma egli fu in buona compagnia. Il fenomeno, al contrario dell’interprete italiano, gode di ottima salute. Nelle varie democrazie contemporanee, altri come lui, forse meno iconici, con tratti simili, anche se non identici, sono venuti alla ribalta; e anche rispetto a questo aspetto il paragone con il fascismo e i totalitarismi ben si attaglia alla fattispecie.

Penso a Jair Bolsonaro in Brasile, a Donald Trump in USA, a Boris Johnson in Gran Bretagna, per citare gli esponenti più in vista. Ma sono convinto che se si facesse un'indagine approfondita se ne potrebbe individuare uno per quasi ogni democrazia contemporanea.

Si tratta delle "migliori" incarnazioni di una congerie di disvalori che trasversalmente affliggono le democrazie contemporanee tutte.

I loro esponenti, in modo più o meno sovrapponibile, anche se con accenti differenti, propugnano la furbizia al posto del valore, il far poco per avere molto come stile e obiettivo di una vita piuttosto che il piacere della fatica che consente di realizzarsi (si badi bene che, nella realtà, queste persone nella loro vita privata sono estremamente operose, contrariamente a quanto questa filosofia di vita vorrebbe far credere), l'apparire piuttosto che l'essere, il coltivare il piacere edonistico fino a farlo assurgere a vizio piuttosto che la coltivazione della virtù come fondamentale fattore per la realizzazione di sé, la comodità stolida e inetta alla fatica che fa crescere, un’epidermica avversità per il rispetto delle regole sociali e per gran parte delle istituzioni democratiche, che dipingono come colpevoli di drenare parte delle loro intoccabili risorse e delle loro irriducibili e sacrosante libertà personali.

Libertà, le loro, che, in questa esegesi della Vita non dovrebbero venir mai, in alcun modo, scalfite, depotenziate, contenute. Nemmeno se il prezzo da pagare fosse la tutela di una minorenne, la tutela dello Stato attraverso una contribuzione alle imposte, che dovrebbe valere per tutti o per nessuno, il sottoporsi, come tutti, alla Legge, la tutela del polmone verde del mondo, l’appartenenza a un contesto di paesi membri fra loro aventi pari diritti, per citare esempi che riguardano i Nostri Quattro.

Essi, in accordo con l’ideale che propugnano e incarnano, s’identificano con esseri forti, più potenti e acclamati dei generici "altri". “Altri” che si guardano bene dall’identificare precisamente, individualmente. Si tratta sempre di categorie “altre”, per l’appunto, rispetto a coloro ai quali, di volta in volta si rivolgono. Grazie a questo gioco di prestigio l’elettorato attivo non si sente mai privato di alcunché. Al contrario sente che questi Eletti, se eletti, saranno (sarebbero) in grado di difenderli da quegli “altri” che li minacciano, in maniera più o meno fumosa rispetto a una presunta libertà di serie A, altrettanto fumosa, ma non ancora avveratasi, che gli Eletti (se eletti) potrebbero realizzare in terra. Un’età dell’Oro postmoderna, insomma.

È interessante notare che questa invocata libertà dovrebbe appartenere a tutti, e ciononostante dovrebbe magicamente non limitare quella di nessun altro. Una libertà in grado di moltiplicare i servizi pubblici riducendo le imposte e tasse, ad esempio. Una libertà che, per colpa di quegli “altri”, purtroppo viene al momento, fatalmente, negata. Questa struttura di rappresentazione del reale costituisce un ottimo convogliatore e capro espiatorio della rabbia sociale, questa sì presente fin d’ora e divisa, sempre a detta di questi esponenti, equanimemente.

Un altro aspetto interessante riguarda il fatto che questa pretesa “libertà” non è per tutti (o forse sì, dipende dal fatto che si sia o meno in campagna elettorale, durante questi periodi epifanici viene promessa erga omnes). Durante il resto della normale vita democratica questi emissari, si sentono divulgatori di un credo che dovrebbe consentire a loro e ai propri accoliti soltanto di  assurgere a un livello di umanità più umana, parafrasando Orwell.

Essi finiscono così per sentirsi gli esponenti di un’umanità bifronte: umana in via di principio, ma nei fatti insofferente a qualsiasi accorgimento democratico che intenda elevare, o almeno preservare l’equilibrio della società tutta e dei viventi in genere (umani, animali e vegetali, si veda la becera  e colpevole distruzione della foresta amazzonica), qualora pretendesse, in qualsiasi modo, di limitare la loro libertà che dovrebbe, sempre secondo il loro sentire, poter debordare costitutivamente, sorgivamente e platealmente sul resto del mondo, incontrastata.

La diplomazia

 

#antropologia, #comportamento, #inunarigaopocopiù, #psicologia

 

Milano, 23 marzo 2011

La diplomazia è quell’arte che riusciamo a esercitare meglio con le persone che non ci interessano davvero.